Nell’ottobre 2015 ritenemmo di non aver più nulla di significativo da scrivere nel blog – ora anche libro, per i nostri ventitrè lettori – circa il grande gioco dell’economia tra gli umani. Una decade dopo lo scoppio della grande crisi finanziaria, infatti, non vi è alcunchè di nuovo sotto il sole rispetto a quanto già descritto. Il metadone finanziario distribuito dalle banche centrali continua a mascherare l’urgenza di un nuovo ordine mondiale rispetto all’ordine globale che si fondava sul dominio del dollaro all’interno di un sistema di fiat-money, sul “Washington consensus”, sul capitalismo industriale di matrice neoliberale, sulla predominanza delle energie fossili e sulla riserva di manodopera cinese. Anche l’ex immobiliarista speculativo Trump non fa altro che eseguire a botte di tweets il mandato ricevuto, provando a riequilibrare un pochino la disastrata situazione americana a spese – come sempre, dal dopoguerra in poi – del resto del mondo. Questa volta, però, non è così facile come per Nixon nel ’71 e quindi ci attende probabilmente una nuova grande crisi o comunque almeno altri dieci, forse venti anni di malaise sociale ed economica.
Confidenti nel solito panem (sempre più avvelenato dai vari gliphosat) et circenses (con Facebook al posto del Colosseo), i potenti della Terra sottovalutano forse la tensione, l’entropia sociale che si sta cumulando sempre più, oramai annusabile nell’aria. Contano di evitare la moderna ghigliottina grazie a telecamere e droni in servizio 24×7, ma la storia insegna che le popolazioni sopportano le vessazioni solo fino ad un certo punto. La natura fa poi sempre il suo corso e gli ecosistemi insostenibili si riequilibrano violentemente oppure si estinguono completamente.
Perchè, quindi, di nuovo penna e calamaio? Forse giacchè, instintivamente, annusiamo nell’etere una sottile brezza foriera di novità. Come il nostro cane di casa, un beagle perennemente affamato, che spesso confonde l’odore di una briciola per una gigantesca pagnotta, magari sbagliamo e quindi torneremo ad abbassare orecchie ed inchiostro. Due sincronicità ci fanno tuttavia ben sperare: movimenti grassroot ed il libro di Antonino Galloni ”L’inganno e la sfida”. La sua analisi storica delle (lontane) origini della crisi finanziaria del 2008, così come le soluzioni abbozzate per passare ad una (necessaria) società post-capitalistica, coincidono con quanto descritto nel nostro blog, arricchendolo di alcune narrazioni importanti come ad esempio il vero obiettivo del G7 di Tokyo del 1979 di “rendere generalizzata la crescita dei tassi di interesse”.
Occupandoci professionalmente di innovazione tecnologica, è ambizione di questo primo testo estendere il framework analitico proposto da Galloni ed introdurre delle proposte attuative che speriamo possano trovare terreno fertile all’interno di Rinascimento Italia. Vogliamo qui anticipare le conclusioni del nostro ragionamento: l’innovazione è il convitato di pietra dei profondi cambiamenti nel tempo dei modelli di organizzazione e della crescita dell’economia, così come la tecnologia rappresenta oggi a nostro avviso – forse in modo controintuitivo – l’unico strumento concreto e di immediata attuabilità, per passare in modo non cruento ad una società post-capitalistica incentrata su un Nuovo Umanesimo.
L’homo economicus primitivo era un micro imprenditore, lavorava solo per sè stesso (la compagna, quando non veniva frettolosamente abbandonata, doveva pure lei lavorare nei boschi) e si assumeva l’intero rischio d’impresa. Nel tempo, l’innovazione sociale della collaborazione e quella tecnologica di archi e frecce aumentarono la produttività e nacquero quindi le prime forme di partnership per la caccia comune, come nelle moderne società di consulenza. Successivamente, una curiosa innovazione genetica permise alla razza umana di smetterla con la grama vita da cacciatore, rischiosissima e piena di insopportabile alea, per dedicarsi all’agricoltura e porre così le basi dei primi insediamenti rurali. Per migliaia di anni le innovazioni, tecnologiche, organizzative e normative, non furono per nulla impressionanti sul profilo della crescita economica misurata in termini di reddito pro capite. Eventualmente, solo le armi, che servivano però per tenere a bada le talvolta feroci reazioni di popolazioni che mangiavano sempre troppo poco, oppure venivano impiegate per aumentare la ricchezza pro capite di pochi a scapito dei molti conquistati e sottomessi. A partire dalla Rivoluzione Industriale, con accelerazione esponenziale nel secolo scorso, il susseguirsi frenetico di innovazioni e scoperte a volte clamorose (pensiamo alla fisica quantistica) hanno catapultato l’ homo economicus – purtroppo rimasto con ancora troppo cervello rettile – nella modernità dei Paesi di Antica Industrializzazione (come li chiama Galloni), saturi di grassi, di beni superflui e con più tempo libero.
Ci fa comunque piacere qui ricordare tre grandi invenzioni/innovazioni, oggi ancora importanti, made in Italy: la partita doppia di Luca Pacioli, la moneta bancaria dei mercanti genovesi e fiorentini, i primi “derivati” finanziari della Serenissima per mitigare il rischio che qualche pirata birbone sottraesse ai ricchi veneziani le imbarcazioni cariche di pregiate merci e ducati. Vedremo più avanti come fantasia e spirito di intraprendenza tipici dell’homo italicus potrebbero nuovamente – come nel passato – rappresentare il DNA culturale utile al prossimo salto evolutivo di economia e società.
Perchè, allora, ci troviamo in crisi, intesa come languida crescita di PIL reale pro capite e disoccupazione, da almeno due decadi ? Nell’articolo scritto cinque anni fa, “Il mondo ad un bivio”, anticipavamo la conclusione che non saremmo usciti dalla situazione di crisi, perchè in realtà le ricche e sazie civiltà occidentali sono oramai giunte ad un punto di flesso nel loro percorso di sviluppo. Rimandando all’articolo sopra citato per considerazioni più puntuali, ci interessa qui sottolineare l’aspetto dell’ innovazione tecnologica che crea macchine, robot ed intelligenza artificiale che aumentano la produttività sostituendo lavoro umano; questo – a parità di altri fattori – crea nel tempo disequilibri incolmabili tra domanda ed offerta aggregata.
Nel passato era possibile riqualificare in tempi brevi il lavoro umano, ad esempio dal montaggio di automobili nelle fabbriche Ford alla disposizione di pannelli solari sui tetti delle case. Ma questa volta sarà diverso: il nuovo (poco) lavoro apparterrà a scienziati in grado di manipolare le equazioni dei quantum computer, ai programmatori di robot, ai bio ingegneri che taglieranno e cuciranno il nostro DNA su misura. Tutte professioni per le quali non sarà possibile riaddestrare miliardi di cervelli. La stragrande maggioranza delle rimanenti attività economiche verranno automatizzate grazie alle tecnologie menzionate, che prenderanno tutte le decisioni (e che, secondo il defunto Stephen Hawking, potrebbero pure avere il sopravvento ed estinguere l’umanità). Che lavoro faranno 10 miliardi di persone, i nostri figli e nipoti? Ecco, allora, il delinearsi all’orizzonte di uno scenario distopico, come nei più angoscianti film di fantascienza, caratterizzato da una sparuta elite di plutoricchi, padroni del 99% degli asset e delle fabbriche automatizzate, che vivranno come semi-dei geneticamente puri, mentre il resto della popolazione sarà tenuto in vita in condizioni di assoluta dipendenza economico-finanziaria e sarà costretto a vivere nelle zone più degradate, controllate da robot-poliziotti.
Pura fantasia? Forse, ma l’accelerazione dell’innovazione tecnologica non lascia alcun dubbio e la crescente asimmetria nella distribuzione degli asset (ricchezza) non fa ben sperare.
Il percorso alternativo per il mondo è figlio del pensiero positivo: le energie alternative, le innovazioni tecnologiche per accomodare e sfamare senza conflitti tre miliardi di nuove persone ed un modello sociale che ricorda quelli idealistici ipotizzati già nel passato, con le fabbriche automatizzate di proprietà comune che producono tutto ciò di cui i cittadini hanno bisogno (bisogni primari), lasciando a questi una quantità enorme di tempo libero da dedicare ad hobbies, famiglia, pensiero conoscitivo, vari svaghi amorosi e ludici (“The rest of the day could be devoted to the pursuit of science, painting and writing” – Bertrand Russell, In praise of idleness) ed all’accumulo di ricchezza – per chi vorrà lavorare di più – per soddisfare i bisogni vebleriani. In un documento del Fondo Monetario Internazionale di cinque anni fa viene caldeggiato un modello di governance mondiale per porre fine agli egoismi nazionali, che rendono impossibile il coordinamento delle politiche – economiche, finanziarie, delle risorse – necessarie a mantenere il benessere e la pace tra le persone.
Anche questa solo fantascienza? Forse no, anzi. Scriveva già nel lontanissimo 1930 il geniale economista inglese J.M. Keynes, in un dimenticato libretto, di come l’umanità avrebbe raggiunto nel corso dei 100 anni successivi un tale progresso sociale, economico e tecnologico, grazie al modello capitalistico.
Cosa fare, quindi, nei prossimi 20-30 anni per evitare l’avverarsi dello scenario distopico sopra descritto e per raggiungere invece quello immaginato da Keynes e desiderato dalla maggioranza dei cittadini del mondo? È opinione di chi scrive, che sia compito e dovere della generazione nata a cavallo del ventennio 1960 – 1980 (a cui apparteniamo) “occuparsi della faccenda” e contribuire, chi più e chi meno, a costruire una società più equilibrata, più giusta, ecologicamente sostenibile, democratica, liberale, con le tecnologie al servizio degli umani ed i frutti del capitalismo equamente distribuiti. Chi rimarrà chiuso nel proprio guscio mentale spazio-temporale, dedicato esclusivamente all’accumulo di ricchezza materiale o all’edonismo, dovrà affrontare il durissimo giudizio della storia e delle nuove generazioni.
Questa chiamate alle armi abbisogna di una chiara strategia e di strumenti operativi efficaci che consentano il raggiungimento degli obiettivi prefissati, onde evitare il rischio del fallimento a causa di pensieri ed azioni velleitarie. Grande è infatti il pericolo di lasciarsi trasportare sulle ali del drago inferocito della rabbia, che non potrebbe alcunchè cambiare e che verrebbe spazzato via già dopo i primi sputi di fuoco. In un mondo ipercontrollato da satelliti e droni, con armi ancora sconosciute alle masse, le rivoluzioni alla francese non funzionano più ed hanno comunque insopportabili conseguenze sanguinose. Anche un revival di spinte marxiste o comunque di estremo socialismo, come importante tassazione della ricchezza, espropri, forte aumento del debito pubblico per assistenzialismo di Stato, et similia, non sono per chi scrive soluzioni adeguate e realizzabili. Oppure qualcuno pensa ancora che vi sia evidenza storica che abbiano mai funzionato nel passato? Inoltre, non è credibile ipotizzare che un tale ribilanciamento forzato possa rimanere senza catastrofali conflitti tra classi sociali – chi ha infatti mai visto i doberman lasciarsi facilmente sottrarre l’osso da altri cani? Nel capitalismo siamo e nel capitalismo si deve rimanere, per lo meno finchè non troveremo un modello migliore (comprovato, non ipotetico), ma – ed è questo l’aspetto fondamentale – come diceva il compianto Olaf Palme, “io non sono contro il capitalismo, voglio solo tagliargli un pò le unghie”.
Esiste, allora, una “terza via”? Ne siamo fortemente convinti e la vogliamo qui accennare, riservando a successivi articoli un esaustivo approfondimento. Chiameremo tale proposta strategico-operativa New Deal 4.0, poichè incentrata sulla diffusione e sull’utilizzo intelligente di innovazioni tecnologiche e legislative, piuttosto che su meri investimenti pubblici – pur parzialmente necessari – di roosveltiana memoria. Inoltre, siamo dell’opinione che esistano sufficienti quadri normativi e strumenti democratici a disposizione, ancorchè migliorabili ed integrabili, che consentono l’attuazione di tale terza via senza la necessità di riconfigurare l’intero sistema, come invece proposto nel pur interessante libro di Eric Posner. Vedremo infine come la fantasia (soprattutto italiana) sia risorsa – per dirla con Albert Einstein – più importante della conoscenza.
Se la forbice dell’ineguaglianza e dell’infelicità (oramai, sempre più rabbia sociale) si è divaricata prepotentemente negli ultimi quarant’anni e rischia di aprirsi ancor più, le analisi sopra condotte paiono spiegare tale evidenza come il risultato di due lame sempre più affilate, che quindi tagliano e feriscono: l’accelerazione tecnologica ed il neoliberismo (il turbocapitalismo finanziario ed oligarchico, come raccontato da Galloni). Per ridurre il divario senza distruggere le cesoie (rivoluzioni luddiste; taglio delle mani che le usano) e senza toglierle di mano in modo coercitivo a chi le sa usare per darle invece ai meno capaci (modelli anti-capitalistici), vi è necessità di scegliere una terza opzione volta a mettere a disposizione la lama tecnologica a miliardi di mani imprenditoriali, smussando quindi automaticamente anche l’altra lama della forbice e riportando così il capitalismo ad un modello più bilanciato e virtuoso. Miliardi di (piccoli) imprenditori vuol dire miliardi di esseri umani finanziariamente indipendenti ma dipendenti uno dall’altro e quindi corretti nei comportamenti, bilanciati, liberi nello spirito e nella mente. E la “politica“, chiederanno i nostri pochi lettori? Ci pare evidente concludere che miliardi di intraprenditori (ci piace di più la versione inglese della parola) voteranno persone capaci ed oneste, veri servitori della collettività, ben diverse da quelle che la nostra generazione sta scegliendo… Personalmente abbiamo fatto di tale visione la nostra professione, ma questa è una storia da raccontare un’altra volta.
Questo modello ci riporta alle origini, agli ominidi nostri progenitori, che se non intraprendevano per sfamarsi ogni giorno non vedevano il domani. È possibile pensarlo come modello misto, con fabbriche completamente automatizzate di proprietà collettiva (delle città-comunità) per la soddisfazione dei più importanti bisogni primari (cibo, energia, salute, educazione) ed al contempo miliardi di piccole imprese che producono beni e servizi per le altre necessità, dall’intrattenimento alla moda, alle auto di lusso, etc.? Assolutamente si, a nostro avviso; altrimenti come spiegare le autostrade gratuite in Germania, le università a costo praticamente zero in Europa e molti altri esempi di spesa collettiva intelligente? Ecco allora una prima bussola per un piano statale di investimenti strategici per le prossime decadi.
Il modello del turbocapitalismo finanziario ipertrofico ed abnormemente ripiegato su sè stesso come in un infinito origami di carta (quattro milioni di miliardi di dollari di carta straccia…) imploderà quando un nuovo archetipo, ad esempio quello qui proposto, emergerà e verrà adottato dalla maggioranza dei partecipanti al gioco socio-economico. Non vi sarà quindi bisogno di rivoluzioni o interventi dall’alto, semplicemente perchè la storia ha sempre dimostrato che il vecchio si abbandona quando il nuovo è migliore. Chiaramente, oggi ancora siamo legati ad un modello di capitalismo tecnologico-finanziario basato su grandi corporation (che giocano in modo scorretto corrompendo legislatori ed organi di vigilanza) e su miliardi di persone che “dipendono” (che orribile parola usano ancora gli italiani, quando parlano di dipendenti invece di co-workers) da queste per poter lavorare e mantenersi. Bisogna quindi smantellare le corporation, sostituendole con catene del valore decentralizzate composte da miriadi di piccole e piccolissime imprese, che le tecnologie (big data, intelligenza artificiale, sensori, blockchain, ecc.) coordinano e rendono efficienti come le grandi organizzazioni. Si intravedono all’orizzonte i primi esempi concreti di tali piattaforme nel mondo IT (pensiamo alla cinese Alibaba) e riteniamo realizzabile tale trasformazione in tutti i settori, uno dopo l’altro. Come? Per cominciare, osserviamo con piacere che negli ultimi venti anni molte tecnologie utili a fare impresa sono diventate assai meno costose. Pensiamo al cloud, agli shop online, al software open source, alle comunicazioni telefoniche e per videoconferenza, e molte altre. Per creare una startup servivano molti soldi, ora bastano poche migliaia di euro. Il ruolo dello Stato dovrà essere quello di agevolare ulteriormente tale trend e di impedire monopoli / oligopoli tecnologici (pensiamo ai robot), qualora sorgessero. Le tecnologie devono essere alla portata di tutti i piccoli intraprenditori.
Per il finanziamento degli investimenti pubblici propedeutici alla costruzione di questo nuovo modello socio-economico e per il finanziamento delle nuove imprese, ai meccanismi esistenti (pensiamo all’eccellente legge italiana – unica al mondo – su startup e PMI innovative) si possono sicuramente affiancare concetti innovativi di finanza e moneta, come ben colto dallo stesso Galloni. Non nascondiamo un velo di orgoglio nell’essere stati i primi in Italia a suggerire l’introduzione di una moneta parallela digitale da affiancare all’euro, per riflazionare la malandata economia italiana (v. Bit-Eurolira, qui e qui). D’altronde, l’esperimento delle criptomonete dimostra che la “moneta” è un concetto, un tacito accordo tra i partecipanti agli scambi economico-finanziari basato sulla fiducia. Se funziona per le organizzazioni private, come sta accadendo sotto i nostri occhi, a maggior ragione funzionerà per gli Stati. Coraggio cari governanti italiani, ci vuole solo coraggio. Vedrete che alla fine la moneta che si ritiene “cattiva” (quella parallela nostrana) scaccerà quella “buona” (l’euro), come nella famosa legge di Gresham. Siamo pronti a scommettere che, in modo controintuitivo, alla fine i cittadini scopriranno che la nuova moneta parallela in realtà è più “virtuosa” e superiore all’euro, se – come da noi proposto – circolerà solo in modo digitale e quindi perfettamente tracciabile (niente più evasione fiscale, nè lavoro in nero). L’euro rimarrà unità di conto per gli scambi internazionali, come oggi lo è (ancora) il dollaro per materie prime ed altri beni.
Risolta la questione di decentralizzare – e quindi rendere accessibili a tutti – tecnologia e finanza, bisognerà intervenire sui giovani cervelli per entusiasmarli ed educarli a diventare intraprenditori. Confessiamo che riteniamo questo processo di cambiamento il più lungo e difficile, ancorchè il più affascinante. Abbiamo al riguardo alcune idee concrete, che ci ripromettiamo di esporre. Su questo tema vi è comunque bisogno di elaborare in maniera interdisciplinare, mettendo in rete i contributi di molte persone di esperienza e conoscenza.
In sintesi, la costruzione concreta del New Deal 4.0 passa per le seguenti direttrici strategico-operative:
Se una tale visione pare ambiziosa, riteniamo la sua attuazione meno difficile di quanto si possa pensare. Torna qui in gioco la già citata fantasia italica e le esperienze storiche che portiamo ancora impresse nel nostro DNA collettivo, si pensi al Rinascimento o alla Serenissima Repubblica veneziana. Esistono infatti leggi, procedure, meccanismi, organizzazioni, pensieri e memorie collettive condivise, aspetti culturali, innovazioni tecnologiche e molto altro, che non richiedono nuovi modelli o invenzioni radicali. Basta infatti utilizzarli, farli applicare senza eccezione, a volte riscoprirli. Vediamo qualche esempio.
Le grandi corporation come Google e Amazon non pagano le imposte in Europa? Basta applicare le leggi in vigore sull’eterovestizione, come viene fatto con estremo zelo nei confronti delle PMI italiane.
Giudici e burocrati corrotti o incapaci? È sufficiente introdurre un concetto di Zone Franche per far si che vincano i sistemi giuridici e le procedure pubbliche migliori. Basta un poco di competizione, perbacco!
Politici e funzionari pubblici lavorano poco, male oppure sono addirittura in malafede? Pubblichiamo online statistiche su produttivitá del loro lavoro, risultati ottenuti, assenze dal lavoro. Creiamo un motore di ricerca basato su intelligenza artificiale, che tenga traccia ed analizzi tutti i documenti pubblicati e le parole pronunciate, per avere memoria storica di promesse e di fatti. Serve un “google” della macchina pubblica – che appartiene a tutti noi, o no?
La corruzione nella spesa pubblica dilaga? Apriamo le banche dati pubbliche a tutti i cittadini e si utilizzi la blockchain per tracciare tutte le spese; chiunque potrà verificare online (citizen auditing).
Autostrade Spa lascia crollare i ponti ed al contempo fa profitti inauditi? Che vengano sempre pubblicati tutti i contratti pubblico-privato e si approvino norme a tutela della collettività, prevedendo multe miliardarie. Gli americani già lo fanno, perchè l’Italia no?
L’elenco di piccole, concretissime cose da fare è sterminato. Il filo rosso è trasparenza, accesso alle informazioni, sistemi di controllo (auditing) indipendenti. Genovesi e Veneziani inventarono la Pittima, ovvero la persona mascherata di rosso che inseguiva il debitore gridando a gran voce per indurlo a pagare il creditore e sfuggire quindi all’imbarazzo. Il governo della Serenissima proteggeva le pittime, che non potevano venir aggredite. Vedete come non serve inventare nulla? Basta riscoprire il buon senso e tutti i problemi del Paese dei furbi e dei fessi si risolvono in tempi brevi.
A conclusione, quale ruolo potrebbe svolgere Rinascimento Italia per promuovere i cambiamenti proposti? Riteniamo che ulteriori organizzazioni politiche, come partiti o movimenti, abbiano scarse probabilità di proporsi come innovazione sociale capace di convincere ed aggregare il necessario consenso maggioritario. È sotto i nostri occhi, non funziona. Ecco, allora, la nostra idea, per la quale vogliamo usare un’analogia. Esistono i sindacati per rappresentare e difendere gli interessi dei lavoratori, così come le associazioni dei consumatori tutelano diritti ed interessi di quest’ultimi. I cittadini, invece, votano senza organi intermedi che li informino propriamente e che negozino a loro favore i programmi proposti dai partiti candidati alle elezioni. Ergo, il nostro diritto/dovere più importante, il voto, viene esercitato – soprattutto in questo periodo storico – in condizioni di assoluta disinformazione, con pochissime tutele o meccanismi di controllo ed in assenza di fondamentali conoscenze. È come se decidessimo di costruire una casa senza la consulenza di geometri, architetti, funzionari bancari ed altri esperti. Non ha alcun senso, serve quindi un organo intermedio tra cittadini ed organizzazioni politiche, perchè la politica è oramai materia ipercomplessa (si pensi solo alle dipendenze da organi ed istituzioni sovranazionali, che possono decidere quanta moneta stampare e se possiamo avere etichette alimentari trasparenti…). Un’associazione apolitica di cittadini watchdog (cane da guardia in inglese) è quindi per noi una specie di associazione a tutela dei cittadini-elettori, con il compito di informare, educare, valutare, controllare, tramite tecnologie moderne come Big Data ed Algoritmi. Insomma, un Rinascimento Italia un pò Pittima, tanto per intenderci.
Spettabile Presidente Mattarella,
spettabile Presidente del Consiglio dei Ministri,
spettabili Membri del Parlamento italiano,
spettabili Presidenti di Regione,
spettabile Ministri del Governo italiano,
cc: i rappresentanti dei media italiani
secondo notizie di stampa, a breve delibererete l’ulteriore proroga dello stato di emergenza pandemica, nonostante:
– gli ospedali siano vuoti
– i malati COVID-19 siano rarissimi
– i positivi al test siano praticamente tutti asintomatici
Questi fatti sono dimostrati e dimostrabili, confermati da innumerevoli scienziati e medici di tutto il mondo, compresi esperti italiani che potete invitare entro 24 ore a relazionare Governo e Parlamento. È anche oramai assodato che i test utilizzati e le relative analisi non sono adatti a rilevare il virus e la carica virale; sta per questo partendo in Germania una gigantesca class action per risarcimento danni nei confronti delle entità pubbliche responsabili di aver introdotto test completamente inutili, che vengono però utilizzati per giustificare la continuazione dello stato di emergenza. Per Vostra comodità, abbiamo creato un primo archivio di schede illustrative semplici da comprendere, ancorchè tutte supportate da bibliografia che i vostri esperti non possono non conoscere.
Al di là di questo, anche se fosse vero che il virus è ancora presente con forte carica virale e pericoloso nel far ammalare le persone (ma non vi è evidenza di ciò…), la Sars-Cov2 oramai si cura ed esistono anzi moltissime cure efficaci e pure poco costose. Abbiamo riassunto in questo documento l’evidenza medica, con link alle fonti, che vi preghiamo di leggere attentamente.
Se deciderete di prorogare lo stato di emergenza, senza alcuna evidenza scientifica o logico-razionale a supporto di tale decisione, le conseguenze sul tessuto socio-economico e sulla salute degli italiani saranno devastanti: chiusura di partite IVA ed imprese, disoccupazione di massa, suicidi, depressione e molto altro ancora.
Gli scriventi ritengono che sia diritto esclusivo dei cittadini decidere se correre o meno il rischio di ammalarsi, così come già avviene per l’influenza e per tantissime altre malattie, sapendo che ora i medici sanno come curare con successo anche il COVID-19. La povertà e l’infelicità, invece, non si curano.
Trovate in allegato l’elenco dei cittadini che hanno firmato questa mail di richiesta e sul sito www.orabasta.info la petizione.
Vi preghiamo di decidere in coscienza ed amore per il Paese e per tutti gli abitanti che vi hanno dato fiducia nella gestione del bene pubblico. Siamo sicuri che non vorrete rimanere nella storia come italiani i cui nomi verranno infangati per sempre.
PS: Federazione Rinascimento Italia (FRI), è l’associazione civica per la difesa dei diritti e delle libertà di tutti che ha messo gratuitamente a disposizione il servizio di inoltro mail via PEC a tutti i cittadini italiani firmatari di questa petizione.
Cari Direttori,
Ieri, 17 agosto 2020, in italia sono morte 1.997 persone (media giornaliera in linea con le statistiche nazionali).
Di queste povere creature: 600 ci hanno lasciato per infarto, 500 per cancro, 894 Parkinson, Alzheimer, MS, ME, Diabete, SLA, incidenti stradali, infezioni ospedaliere etc…
3 morti “con” il Covid con età superiore a 82.5 anni con chissà quali patologie pregresse identificati con un test che dà l’80% di falsi positivi.
Questi sono i veri numeri della “pandemia di asintomatici”, il resto è sempre e solo terrorismo mediatico, business vaccinale e interessi politico finanziari mondiali.
Siete in grado di smentirci e dire che è falsa anche questa notizia e che magari oltre a non rispettare gli standard vostri di qualità giornalistica, incita all’odio?
Attendiamo risposta…
Signora Garron e signora Gallo, Federazione Rinascimento Italia, insieme al sindacato SINALP, difende bambini, ragazzi e le loro famiglie, ma anche insegnanti e presidi ancora degni di questo nome, da abusi e soprusi che alcuni dirigenti scolastici stanno mettendo in atto. Tantissimi associati e persone per bene, parte de IL MILIONE – un gruppo di protesta civica di già 21.000 persone – ci hanno segnalato il vostro recente documento, che prevede la punizione degli alunni non rispettosi dei protocolli di sicurezza COVID-19. Siamo basiti ed indignati – e con noi quasi 30.000 persone – della vostra decisione, altamente diseducativa e con palese danno psicologico e quindi anche fisico (forse lo ignorate, ma psiche e salute sono strettamente correlate) dei ragazzi che dovreste invece tutelare. Ne risponderete ovviamente sia in sede civile che penale.
È nostra ferma convinzione – supportata da una montagna di evidenza fattuale, che evidentemente voi non vi prendete nemmeno cura di ricercare – che i contenuti del vostro documento siano privi di ogni fondamento scientifico e prevedano azioni illegali, diseducative e contrarie alla dignità e alla salute di bambini e ragazzi. Avendolo scritto, vi fate carico delle conseguenze.
Per tali motivi, i firmatari chiedono che:
A. si proceda ad immediata abolizione del protocollo “in toto”, con il ripristino della situazione ex ante
B. la dirigenza scolastica voglia rassegnare le dimissioni per manifesta incapacità nel proteggere i minori affidati e si riservano ogni azione per l’immediato ripristino della legalità, del rispetto e della dignità dovuti all’infanzia e alla gioventù senza alcun compromesso.
Il firmatario:
Prendiamo atto della vostra “rettifica” a fronte di ben 500 mail inviate alla dirigenza dai genitori e dai cittadini a cui sta a cuore il bene della scuola e del paese intero. Tuttavia non ci reputiamo affatto soddisfatti e consideriamo le correzioni al protocollo del tutto formali e inadatte a modificare nella sostanza il terrificante e disumano trattamento che intendete riservare ai nostri figli. In particolare, osserviamo che:
1. nella vostra comunicazione vi limitate a ribadire quanto previsto dal Protocollo di intesa per l’avvio dell’anno scolastico (…). È nostra ferma convinzione che i contenuti di questo documento siano privi di ogni fondamento scientifico e prevedano azioni illegali, diseducative e contrarie alla dignità e alla salute di bambini e ragazzi. Accettandolo, vi fate carico delle conseguenze.
2. nella “rettifica” non c’è alcuna sostanziale abolizione del principio secondo cui il bambino può essere allontanato dalla famiglia per motivi di salute, di per sé aberrante, ma semplicemente mantenendo fermo il presupposto lo si diluisce nella ambigua formula “quanto prima possibile”, che lascia intendere chiaramente le intenzioni degli estensori: permettere alle autorità sanitarie di disporre arbitrariamente del minore per il tempo necessario ad espletare qualsivoglia trattamento sanitario ritenuto necessario, senza il previo consenso dei genitori. Si tratta a tutti gli effetti di reati penali di cui il Preside sarà chiamato a rispondere.
3. c’è il sospetto che la “ritrattazione” nasconda in realtà una strategia tanto subdola quanto pericolosa. Infatti mentre da un lato si ribadisce che “nessuna decisione definitiva verrà presa senza il coinvolgimento e il confronto con la componente genitoriale ecc.” dall’altro non solo i genitori non sono mai stati invitati a discutere il protocollo scolastico, ma addirittura l’impianto complessivo tradisce che la Dirigenza ha già deciso da che parte stare. E non è quella dei bambini che invece dovrebbe proteggere.
Per tali motivi, i firmatari chiedono che:
A. si proceda ad immediata abolizione del protocollo “in toto” con il ripristino della situazione ex ante
B. la Dirigenza scolastica voglia rassegnare le dimissioni per manifesta incapacità nel proteggere i minori affidati e si riservano ogni azione per l’immediato ripristino della legalità, del rispetto e della dignità dovuti all’infanzia e alla gioventù senza alcun compromesso.
Il firmatario: